Passando
alla scriminante dell’esercizio dell’avente diritto, in primo luogo il diritto rilevante
potrebbe consistere nel diritto della libertà religiosa (art. 19 cost. ).
Il problema si pone con minore difficoltà nel caso in cui un intervento
genitale “lieve” si attua su una donna maggiorenne
con le accortezze e le
cautele alle quali si faceva riferimento in relazione all’applicazione dell’art.
50 c.p.
In
questo caso è forse possibile preparare una strategia difensiva che si basi sul
concorso dell’esimente del consenso dell’avente diritto e sull’esercizio del
diritto dell’art. 19 , 21, 2 della
Costituzione. In pratica un genitore che sottopone la figlia minore a MGF
potrebbe invocare l’art. 19 Cost., che comprende anche il diritto di istituire
ed educare i figli minori secondo le proprie credenze religiose e secondo le
loro convinzioni. Tuttavia, in questo caso non può trovare applicazione l’art.
51 per due motivi :
1)
perché nessuna confessione religiosa prescrive esplicitamente le pratiche delle mutilazioni genitali femminili, per cui non potrebbe
invocarsi l’art. 19 Cost. che riconosce il diritto di professare liberamente la
propria fede;
2)
perché l’esercizio della libertà religiosa non può mai prevalere sui diritti di
rilievo costituzionale della figlia, quali l’integrità fisica, la salute
psico-sessuale e la dignità personale, diritti su cui viene ad incidere la
pratica delle mutilazioni genitali femminili.
In
secondo luogo il diritto rilevante potrebbe consistere nell’esercizio di un
diritto scaturente da una consuetudine. E’ costituito dalla considerazione in
base al quale l’agente potrebbe eccepire, soprattutto in caso di MGF compiuti fuori
dai confini nazionali, di aver agito sulla base di un diritto riconosciuto
dalla legge del luogo, o meglio sulla base del silenzio della tolleranza della legge
penale del paese d’origine.
Quindi,
il genitore e gli atri soggetti che praticano una MGF sul corpo di una minore
potrebbe invocare in funzione scriminante l’esercizio di un diritto o anche
l’adempimento di un dovere scaturente da una norma consuetudinaria. Anche in questa
ipotesi possiamo ritenere che non può trovare applicazione art. 51 c.p.
Prima di tutto si deve verificare se nella specie abbiamo a che fare con
consuetudine .
Per
consuetudine si intende solo la ripetizione generale, costante e uniforme, nel
tempo di un comportamento, nella convinzione della sua legittimità e necessità.
Un requisito che potrebbe mancare nell’ipotesi in esame perché in alcuni paesi
in cui le MGF vengono praticate esistono delle leggi che le vietano
espressamente. Inoltre,
la consuetudine invocata, è sempre una consuetudine che appartiene ad un
ordinamento diverso da quello italiano e generalmente si ritiene che le norme
di altri ordinamenti possano attribuire diritti scriminanti solo quando si
tratti di norme recepite secondo l’art. 10 Cost. nel nostro ordinamento ma non
è il caso della consuetudine in parola.