LE PREVISIONI DELL’ART. 583-TER, C.P
Oltre
alla pena principale, abbiamo una pena accessoria speciale. L’art. 583-ter, prevede
la pena accessoria della interdizione dalla professione da 3 a 10 anni per
l’esercente di una professione sanitaria, di livello più grave di quella che
discenderebbe dalle regole ordinarie (art. 30 e 31 c.p.), nonché la comunicazione
della condanna all’Ordine dei medici-chirurghi.
L’attenzione
è rivolta principalmente a strutture ospedaliere o sanitarie dove
potrebbero
essere praticati interventi delle mutilazioni genitali femminili. Comunque la responsabilità
di tali enti in base al decreto del 2001, potrà avvenire solo se i fatti
criminosi siano posti a vantaggio dell’ente stesso e non quando l’autore del
reato abbia agito per suo personale interesse.
Inoltre,
per quanto riguarda la pena accessoria
dell’interdizione dalla professione, occorre
considerare due profili: il primo profilo riguarda la sanzione particolarmente
elevata; il secondo profilo è relativo all’attribuzione del giudice di un
potere discrezionale particolarmente incisivo. La ratio della disposizione è di evitare la trasposizione in occidente
delle mutilazioni genitali femminili attraverso la loro medicalizzazione.
Oltre
alla pena principiale e alla pena accessoria speciale, abbiamo anche la
responsabilità amministrativa da reato. Ai sensi dell’art. 25 quarter 1. d.
lgs. 231/2001, introdotto dall’art. 8 l. 7/2006, che si applica ai delitti che
hanno in questione la responsabilità degli enti da reato alle condizioni disciplinate
dall’art. 25-quarter e dalle sanzioni da esse previste.
Come
sopra rilevato, la legge 7/2006 è una legge che ha portato un nuovo modello
nell’esperienza legislativa italiana: un modello “aggressivo”,
in cui il fattore culturale opera contra
reum. Un modello in cui in considerazione del fattore culturale, il
legislatore ha scelto di punire o di punire di più.
Il
legislatore italiano ha impiegato tutte le “armi” disponibili a livello
sanzionatorio (rigorose pene principali, pene accessorie speciali, sanzioni per
l’ente). Le sue scelte sanzionatorie sono state valutate dalla dottrina e considerando
i parametri della meritevolezza, della sussidiarietà e dell’effettività che
sempre dovrebbe caratterizzare le scelte di politica criminale.
In
primo luogo la meritevolezza; senz’altro
i beni tutelati con la nuova figura di reato sono meritevoli di tutela penale, perché
si parla dell’integrità fisica, la salute psico-sessuale e la dignità personale
della donna che sono indubbiamente beni meritevoli di ricevere una tutela
penale, come dimostra e conferma il loro rilievo costituzionale che è diretto
nel caso della salute (art .32 Cost.) ed almeno indiretto nel caso della
dignità (art. 2, 3, 27 comma 3, 36, 41 Cost.). Sicuramente non si possono
escludere nella valutazione della meritevolezza della tutela penale dei beni
predetti, gli atti elaborati a livello internazionale. Tuttavia, la
meritevolezza è una condizione necessaria ma non sufficiente perché il
legislatore intervenga con la sanzione della pena.
Un'altra
condizione è costituita dalla necessità della pena, la cosiddetta sussidiarietà.
La
condizione della sussidiarietà impone al legislatore di effettuare un
accertamento prima di applicare lo strumento penale, quindi diretta ad
accertare se esistono altri strumenti di controllo sociale e giuridico meno
gravosi della pena, che possono ugualmente risultare idonei a raggiungere gli
scopi di tutela dei beni che si intende proteggere (integrità fisica, salute
psico-sessuale, e dignità personale della donna). Tali strumenti di controllo
sociale e giuridico fanno riferimento alternativi alla pena.
A
questi fanno riferimento anche gli atti internazionali diretti a condannare le MGF,
in particolare la Convenzione ONU sui diritti del fanciullo,
la Dichiarazione e la Piattaforma di azione di Pechino, attuata al termine
della Quarta conferenza dell’ONU sulle donne nel 1995 che al punto 107,
lett.a), invita i governi ad avviare programmi
di
informazione, educazione e supporto per eliminare delle pratiche e abitudini
dannose comprese anche le mutilazioni femminili. La terza condizione che
dovrebbe ispirare la politica criminale riguarda la effettività, che consiste
nel subordinare l’emanazione della legge penale ad una valutazione favorevole
circa il fatto dal punto di vista di difesa dei beni giuridici, ottenibili
attraverso il ricorso della pena che saranno superiori ai costi causati, questo
in termine di danno sociale. Quindi, prima di impiegarla, il legislatore deve essere certo o convinto
del fatto che i costi della pena siano compensati dai benefici ottenuti dal suo
impiego.