LE INCRIMINAZIONI DELLA LEGGE N. 7 DEL 2006

La legge n. 7 del 2006, non crea “nuove incriminazioni”, ma sposta le condotte delle mutilazioni dall’aria generale dei reati di lesione, (ex art. 582 e 583 c.p. ) a quella più severa, che è l’art. 583–bis c.p., portando con questa legge una tendenza della nostra legislazione  alla frantumazione della figura delle lesioni derivate dalle MGF in una pluralità di fattispecie specifiche.
La ragione dell’introduzione nel nostro ordinamento di una norma ad hoc, per la repressione del fenomeno delle mutilazioni genitali femminili può individuarsi dalla necessità, avvertita da più parti, di una netta posizione del nostro ordinamento contro tali pratiche, in particolare, di fronte ai crescenti flussi migratori provenienti dai paesi in cui sono diffuse e dove si praticano le MGF. In questo modo,
il nostro legislatore attraverso questa disciplina condanna esplicitamente le pratiche di mutilazioni genitali, sottolineando il loro peculiare disvalore, sia dal punto di vista oggettivo che dal punto di vista soggettivo.
Infatti, sotto il profilo oggettivo le mutilazioni genitali femminili rappresentano decisamente una forma cruciale della modificazione dell’integrità  fisica con tutti i danni permanenti che esse producono sul corpo e sulla sessualità femminile, sia dal punto di vista fisico che psicologico .
Non si possono accettare tali pratiche volte non solo a mutilare irreversibilmente le persone, ma soprattutto ad alterarne violentemente l’identità psicofisica in assenza di esigenze terapeutiche che permette tali interventi. Anzi, sono interventi che qualora non abbiano un motivo terapeutico comportano gravi conseguenze alla salute della donna che è soggetta a tale pratica.
Risulta in modo esplicito la volontà del legislatore ad intervenire per mettere in atto un efficace protezione delle donne contro la violenza nei loro confronti. Inoltre,  tali usanze si pongono in contrasto con le norme fondamentali del nostro ordinamento, come la dignità (art. 2 cost. ), e la non discriminazione in base al sesso (art. 3 cost. ).
Di fronte ad un fenomeno che coinvolge costumi, tradizioni e culture diverse, il nostro ordinamento ha voluto sottolineare la loro inaccettabilità perché in realtà violano i diritti fondamentali di uno stato basato sulla democrazia e sulla laicità.
E’ un intervento che dimostra quanto il legislatore abbia preso seriamente il problema e abbia voluto ribadire che tale tipo di pratica non è tollerata all’interno del nostro territorio. Al di là di questi aspetti positivi della norma si sono evidenziati alcuni rischi con funzione simbolica. Si è osservato che tali norme finiscono per criticare dei comportamenti  “culturalmente orientati”  fondati sulle credenze religiose e tradizioni culturali di alcune minoranze convinte  che questi atti siano compiuti nel miglior interesse per la donna .
Pertanto potrebbero essere percepite dalle stesse come norme discriminatorie e come un atteggiamento di chiusura verso le loro tradizioni. E’ chiaro l’obiettivo della nuova disciplina penale, che può rendere più efficace la repressione delle pratiche di mutilazioni femminili, ma è anche vero che il timore delle denunce può portare  un aumento del numero degli interventi di mutilazioni dovuto all’accrescersi della clandestinità degli interventi, ma anche ad una maggiore difficoltà per le donne mutilate a rivolgersi alle strutture sanitarie.