LA FATTISPECIE DI MUTILAZIONE DEGLI ORGANI GENITALI FEMMINILI (ART. 583-BIS, PRIMO COMMA, C.P.)
Il
reato delle mutilazioni genitali femminili è a forma libera, posto che per la
realizzazione della condotta stessa non sono richieste delle modalità
particolare. La condotta potrà consistere innanzitutto
in un’azione idonea alla realizzazione dell’evento delle mutilazioni genitali o in una pratica mutilatoria.
in un’azione idonea alla realizzazione dell’evento delle mutilazioni genitali o in una pratica mutilatoria.
La
norma contempla due distinte fattispecie costituenti reato. Il primo comma si
occupa di vere e proprie menomazioni che possono integrare la mutilazione dell’organo,
caratterizzate dalla permanenza e che si concentrano rispettivamente nei tre
tipi di MGF individuati dall’OMS:
l’escissione, l’infibulazione, la clitoridectomia e qualsiasi altra pratica che
provochi effetti dello stesso tipo.
Il
secondo comma delinea una condotta di non agevole individuazione pronunciandosi allo scopo di menomare la funzione
sessuale agli organi genitali, che diano luogo ad una malattia del corpo o
della mente. In questa fattispecie ricadono anche tutti gli altri interventi
sugli organi genitali femminili che cagionano tale effetto.
Tale
condotta di tale fattispecie può consistere altresì in una omissione ovvero in
un mancato impedimento dell’evento delle mutilazioni, qualora il soggetto
attivo sia gravato del relativo obbligo di impedimento o garanzia all’art. 40
c.p., secondo comma. Così ad
esempio, potrà rispondere del reato la
madre che rimane inerte di fronte all’iniziativa del padre di sottoporre la
figlia ad una mutilazione genitale, gravando su di essa il dovere di attivarsi
per impedire tale evento.