La
cultural defenses si può definire come
una causa attenuante o di esclusione della pena del reato di MGF, essendo essa
caratterizzata da cultura e costumi diverse generalmente eseguiti e usati, provocate
dalle popolazioni, immigrai o rifugiati.
Per
valutare l’entità e le conseguenze delle linee giurisprudenziali occorre ricordare
l’esperienza statunitense, nelle quali le problematiche relative al pluralismo
religioso e culturale hanno
condotto i giudici a creare veri e propri istituti
autonomi con i quali valutare comportamenti vietati dalle norme penale tenute
da soggetti immigrati.Le
esigenze di garantire un adeguato rapporto tra norme culturali e diritto penale
è sorta quindi negli ultimi anni negli Stati Uniti d’America, quando è iniziato
la necessità di adeguare in modo armonico consuetudini e tradizioni appartenenti
a minoranze etniche presente nel proprio territorio con ordinamento e valori etico-sociali
ritenuti prevalenti nella società statunitense.
I
problemi del multiculturalismo non nascono con le mutilazioni genitali femminili,
ma certamente questo fenomeno ha ampliato la portata e ha fatto sorgere in modo
particolare delle contraddizioni che necessitano di una soluzione. Soprattutto
a partire negli anni ottanta, le Corti Statunitensi si sono occupate di
risolvere dei casi, nei
quali erano emerse forti contraddizioni tra particolare usanze di alcuni gruppi
e il sistema penale. Frequentemente i
giudici si sono trovati alla necessità di decidere, bilanciando gli interessi
in conflitto sulla punibilità di comportamenti, che nonostante il fatto che vengono
considerati in aperto contrasto con l’ordinamento statunitense e con i valori etico
sociali ritenuti prevalenti, sono accettati e permessi dalle minoranze, in
quanto conforme alle loro tradizioni e alle loro regole culturali .
Quindi
per la prima volta, viene ad affrontarsi il problema della cultura e della
diversità, e dello scontro con l’esigenza di garantire uniformità, efficacia e
credibilità al sistema penale. La letteratura che si è occupata di questo
problema, ha cercato di comprendere le cause da un punto di vista antropologico
e sociologico, che spingono un “non anglosassone“, a mettersi in contrasto con
i valori considerati predominanti e ad offrire
alla giurisprudenza contributi e una linea di guida per arrivare in modo migliore
ad una soluzione di singoli casi, conciliando due esigenze opposte: riconoscimento
e tolleranza della cultura minoritaria e la tenuta del sistema penale.
Queste
sono delle considerazioni molto importanti perché un conto è parlare di persona
che pur appartenente ad una minoranza etnica commette una reato “ordinario“, che
invece parlare di una persona che commette un reato per scopi o motivi
culturali orientati. Si tratta di un problema che si presenta in un ampio
dibattito politico–sociale, che è dedicato alla globalizzazione. Anche nelle
società occidentali si presentano in modo sempre più crescente persone e gruppi
che appartengono a forme sociali, che in
alcuni casi appaiano disomogenee,oppure sono soggetti di un diritto “speciale”
che va oltre ai diritti di libertà nell’ordinamento giuridico moderno.
La dottrina penalistica, che si è occupata di tale tema e per determinare dei
confini più ampi sul rapporto tra norme culturali penali, è giunta a distinguere
“la cultura offensiva“, dalla “esimenti culturali“.
E’
stato rivelato che nei paesi occidentali ricettori di flussi immigratori o nei quali
sono presenti minoranze autoctone con cultura diversa da quella dominante, il
fattore culturale mette in crisi non solo gli equilibri socio–economici ma, anche
il diritto penale.
Il
fattore culturale, specie quando è legato al fenomeno immigrazione divide quel
rapporto di circolarità tra valori condivisi della società, violazione di quei
valori, sanzione per ristabilire quei valori che normalmente contrassegna
l’ambito di azione e le funzioni del diritto penale.
Di
fronte dell’emersione del fattore culturale pertanto anche il diritto penale è
chiamato a reagire e a prendere posizione per uscire dalla crisi. Le soluzioni
proposte finora dagli ordinamenti occidentali sono riconducibili a due modelli:
un modello multiculturalista
all’inglese, in cui il fattore culturale viene preso pro reo perché si rileva a vantaggio dell’agente sia a livello
legislativo, sia a livello giurisprudenziale, che le cultural defenses possono
comportare una diminuzione o anche una esclusione della pena;
e
un modello europeo assimilazionista (francese),
in cui il diritto penale rimane sostanzialmente indifferente rispetto al
fattore culturale.
E’
un modello che si ispira ad una logica di assoluta uguaglianza formale, e di
neutralità del diritto penale di fronte alle differenze culturali. Tale modello
si basa sulla scelta di non attribuire alcun significato in sede penale all’eventuale
appartenenza del soggetto attivo a comunità di immigrati con radici culturali
anche profondamente diverse da quelle dello stato di accoglienza.
Pertanto,
non sono consentiti trattamenti distinti in virtù della diversità culturale, né
a livello legislativo, né a livello giurisprudenziale. Tutto questo porta ad
affermare che la ratio del reato
culturale e della esimente culturale si fonda non solo sul desiderio di applicare
la legge in modo equo, ma anche sulla necessità di risolvere casi
particolarmente drammatici, attraverso
un approccio culturalmente orientato, individualizzando caso per caso, attraverso
bilanciamento degli interessi in conflitto la responsabilità dell’autore.