IL TRATTAMENTO SANZIONATORIO DELLA LEGGE N. 7/2006
Prima
dell’entrata in vigore della legge n. 7/2006, va osservato che, anche in
assenza di una legge ad hoc, i fatti
di MGF in Italia erano praticamente riconducibili nel campo di applicazione degli
art. 582- 583 c.p., così le mutilazioni genitali che avessero cagionato una
malattia di durata superiore ai quaranta giorni, ovvero, un indebolimento permanente
dell’apparato sessuale riproduttivo, sarebbero potute essere punite con
una
lesione grave, ai sensi dell’art. 583-bis comma 1. Mentre una mutilazione
genitale produttiva della perdita di un senso sarebbe potuta essere punita ai
sensi dell’art. 583 comma 2 ,c.p.
La
legge 7/2006 ha previsto come autonomo reato le pratiche delle MGF, in cui il
fattore culturale opera contro reum e
non pro reum, perché sono stati previsti
dei reati autonomi puniti tendenzialmente con sanzioni più gravi di quelle che
sarebbero scaturite dall’art. 582- 583 c .p.
Per
quanto riguarda il regime sanzionatorio,
il reato di cui all’art. 583-bis, comma 1, c.p., è punito con la pena della reclusione da 4 a 12 anni, mentre
il reato di cui all’art. 583- bis, comma 2, c.p.,è punito con la reclusione da
3 a 7 anni. Peraltro, tutte le ipotesi dell’art. 583-bis sono aggravate in
misura fissa di un terzo, quando il fatto è commesso a danno di un minore oltre
che per motivi di lucro.
Le
circostanze aggravanti sono previste dall’art. 583-bis terzo comma, c.p., “quando
le pratiche sono commesse a danno di un minore, ovvero se il fatto è commesso
per fini di lucro” sono applicabili ad
entrambi i reati dell’art. 583-bis, cioè sia sul delitto di mutilazione (I comma),
che sulle lesioni di mutilazioni genitali femminili (II comma).
La
prima aggravante riguarda l’ipotesi in cui l’intervento sia effettuato su un
soggetto minore di età, mentre la seconda aggravante consiste nella
realizzazione del fatto per i fini di lucro, ossia al fine di ottenere
dall’intervento un vantaggio di natura economica.