IL CONSENSO DI UN DIRITTO

Con riguardo alle scriminante del consenso dell’avente diritto, occorre prendere le mosse dalla valutazione del contenuto della espressione normativa “in assenza di esigenze terapeutiche“, tenendo presente la variabilità storico-scientifica della nozione. Si deve tener conto dei problemi che possono insorgere in presenza del consenso della persona sottoposta alla pratica di MGF. Il problema si pone, sia quando la pratica si esercita su un
minore (che non è in grado di esprimere un consenso valido ed efficace), ma soprattutto quando si esercita su una donna maggiorenne.
Il punto diventa ancora più cruciale se si tengono presenti gli orientamenti assunti in sede dei lavori parlamentari che avrebbero condotto alla formulazione definitiva dell’art. 583–bis c.p. e che rivelavano l’intenzione di introdurre una norma penale dotata di una esplicita forza di resistenza nei confronti dell’operatività dell’art. 50 c.p. L’esito della norma è stato diverso perché in concreto non hanno potuto escludere espressamente l’operatività del consenso dell’avente diritto.
La mancata inclusione del riferimento al consenso nella norma  può essere sottoposta ad un duplice interpretazione. Perché da un lato il legislatore ha cercato di omettere l’inciso allo scopo di ribadire la indisponibilità del diritto offeso dal reato. Dall’altro l’omissione del medesimo inciso potrebbe in qualche modo aprire l’operatività in una zona che consente l’applicazione dell’art. 50 c.p. ed una interazione con l’art. 5 c.c.
Si consideri che i diritti offesi dal fatto tipico dei delitti in esame quali l’integrità fisica, la salute psico–sessuale e la dignità personale, possono essere considerate come diritti individuali relativamente disponibili, cioè disponibili nei limiti di cui all’art. 5 c.c. o comunque, entro limiti analoghi e quindi rientranti nel campo d’applicazione della  scriminante del consenso.
Il problema allora attiene all’accertamento del rispetto dei limiti entro i quali, tali diritti sono disponibili. In relazione al primo comma (alle pratiche di mutilazione), occorre rilevare che esse producono una diminuzione permanente dell’integrità fisica della donna e questo basterebbe per negare la rilevanza scriminante del consenso, anche se con dei dubbi residui perché una donna che in modo consapevole e spontaneo consente alla MGF per motivi socio culturali e tradizionali in cui esse aderiscono e che sottostanno a siffatte pratiche, potrebbero esercitare un proprio diritto di libera autodeterminazione per un miglioramento della propria salute.