Molte delle descrizioni
disponibili parlano di pratiche primitive ed effettuate in condizioni igieniche
non sterili. Esse sono tradizionalmente svolte da donne che non possiedono una
formazione ufficiale, le cosiddette assistenti tradizionali del parto, che in
genere usano strumenti primitivi e al di fuori di ogni norma sanitaria.
Spesso, durante
l’intervento le donne vengono tenute ferme, ciò porta frequentemente danni
fisici maggiori alla persona che subisce l’intervento rispetto a quanto si volesse
effettivamente realizzare. Tuttavia,
mentre alcune comunità ancora praticano le MGF, negli ambienti sopradescritti, esistono
anche comunità più avanzate che utilizzano personale medico formato in luoghi
sterili adatti a trattamenti clinici. Le mutilazioni genitali femminili sono
praticate in molte comunità estremamente diversificate fra di loro.
Tuttavia, esiste fra
esse un tratto comune ovvero esse sono sia patrilineari che patriarcali. Paradossalmente
la pratica delle MGF viene sostenuta ed effettuata dalle stesse donne, essendo
considerate come vitali per il mantenimento delle strutture sociali
fondamentali, quali la struttura patrilineare della società, l’onore della famiglia
e la posizione sociale, quindi i problemi che può incontrare un operatore medico
sono diversi.
In Italia, ancora prima
della legge sul divieto delle pratiche di mutilazioni genitali femminili, l’art.
5 c.c. vieta gli atti di disposizione del proprio corpo quando cagionino una
diminuzione permanente dell’integrità fisica del corpo umano. Inoltre è
previsto, espressamente il divieto dei medici di effettuare delle pratiche di mutilazione
genitale femminile anche dal Codice di Deontologia Medica (art. 50).
Oggi, poi, per effetto
dell’introduzione dell’art. 583-bis, come vedremo, è prevista la pena della
reclusione da
12 anni, per chi pratica le mutilazioni genitali femminili con una finalità non terapeutica
e con scopo di modificare le funzioni sessuali della vittima; l’aumento della
pena di un terzo quando la vittima è una persona minorenne; e la possibilità di
punire l’autore anche quando l’intervento è eseguito all’estero su cittadina
italiana o straniera residente in Italia.
Per il personale medico
è prevista la cancellazione dall’albo o sospensione dell’esercizio della
professione.